Il secolo di edilia

Edilia: ma che razza di nome è? Ho provato a cercare su Google ma ho trovato solo notizie su una Santa sconosciuta, vissuta forse molti secoli fa, una signora un po’ leggendaria: qualcuno dice che il suo nome era stato addirittura confuso con quello di Duilia o Duilio. Insomma, un bel pasticcio. Preso da una curiosità intensa, un pomeriggio vado a trovare nonna Edilia. La curiosità diventa un po’ eccitazione appena lei mi apre la sua porta di casa.
La saluto, il mio tono è forte: non sente quasi più ormai da diversi anni. L’abbraccio, deciso, come fossero passati mesi dall’ultimo incontro e rimaniamo qualche secondo a fissarci perché quel semplice sguardo vale più di molte parole. Poi le do una carezza e la sua testa si china su quel gesto come fosse la cosa di cui ha più bisogno. Ma la curiosità non può aspettare e, dopo aver ricevuto la solita fetta di pane con burro e marmellata che la nonna prepara per viziarmi un po’, la mia domanda parte come un razzo: “Nonna, in tanti anni non ti ho mai chiesto da dove viene il tuo nome”.
Lei risponde come al suo solito: inizia a parlare, per poi perdersi in tutt’altro argomento. Qualcosa però riesco a capire; mi racconta che quando era piccola, al tempo, erano molti i nomi che oggi riterremmo “strambi”, uno in particolare che mi rimane impresso in mente è Bambina. Ma io dico: un po’ di fantasia!! Tornando al nostro nome confesso che fino a poco tempo fa non ero ancora sicuro di come si chiamasse mia nonna. Qualcuno dirà: “Ma come, non conosce il nome di sua nonna?” In realtà ho una giustificazione valida per questo: quando mia nonna venne registrata all’anagrafe del paese, fu sbagliato nella trascrizione sia il nome che il cognome.
Com’è possibile?
Non lo so. Però ne ho le prove. Mentre parlavamo d’un tratto si alza, va in camera e torna da me con il libretto della pensione dove mi mostra i suoi dati cancellati a penna e riscritti correttamente. Insomma, da “Greco Edilia Livia Gabriele”, basta qualche lettera confusa e un attimo di distrazione per trasformarsi in “Grieco Ersilia Lidia Gabriele”. Che gran pasticcio!!
Dunque la curiosità non trova una risposta precisa. Ma, forse anche per non far spegnere quel bel momento con lei, ecco che, una domanda tira l’altra, chiedo: “Nonna, quando sei nata?”. Urlo meno perché ho attirato la sua attenzione ed ora si concentra più che

sull’ascoltare, sul mio labiale. “Il 9 agosto 1921” mi risponde, poi si ferma un istante per riflettere: “quasi centodue anni fa, da mamma Vincenza e papà Antonio. Sono nata in una piccola casa alle spalle del municipio del paese, Bagnoli del Trigno e cresciuta in una masseria in campagna. La mia famiglia, anche se di origine contadina, era abbastanza benestante”. Mi spiega che con il termine benestante, allora, si intendeva semplicemente non soffrire la fame.
Ogni parola mi colpisce, le chiedo di continuare, aveva un fratello di nome Gennaro e una sorella di nome Filomena, morti ormai molti anni fa. Tutto ciò che racconta è ancora più coinvolgente per via del dialetto molisano che ho imparato pian piano crescendo.
L’adolescenza di una ragazza di campagna può sembrare scontata ma, se ci penso un attimo, non riesco proprio ad immaginare cosa si potesse fare nel quotidiano quasi un secolo fa, così glielo chiedo. “Ho faticato tanto nella vita e, nonostante tutti i grandi sforzi, dovevo spesso lavorare anche per famiglie vicine. Sin da piccola ho dovuto mettere da parte lo svago e il divertimento per imparare ad accudire le bestie, a lavorare la terra con la zappa e con l’aratro tirato dai buoi, come si faceva secoli fa… Solo dopo la guerra siamo riusciti a comprare un trattore che ci ha ridotto molto i lavori nei campi, che però abbiamo condiviso con altre famiglie, perché era una spesa impossibile da sostenere per noi. Credo, nipote mio, che ogni persona abbia vissuto il periodo più difficile della sua vita, quello che richiede di lottare per superare quei momenti al limite della sopportazione, quei momenti che ci segnano sia fisicamente che mentalmente”.
Penso allora per un attimo, tra me e me, quanto sia importante ciò che succede lungo il percorso delle nostre vite: credo che proprio in quei momenti dei quali parla nonna Edilia si forma la parte più importante della nostra personalità, di ciò che saremo.
Lei, intanto, continua a raccontare: “Mi sono sposata più o meno alla tua età -rimango scettico- e per tradizione ho lasciato la casa di famiglia per andare a vivere in quella di nonno Michele, non molto lontano da dove sono cresciuta. Poco dopo è arrivata la guerra, nonno è partito per la Grecia ed io sono rimasta sola con i miei suoceri… È stato un periodo duro. Durissimo!”. Le sue espressioni accentuano ancor di più il suo racconto, sembra faccia fatica a pronunciare quelle parole: “Abbiamo faticato molto per mangiare. Nelle nostre case entravano i soldati tedeschi che pretendevano di portare via con loro qualsiasi cosa gli potesse servire, tra cui il poco cibo che ci rimaneva e che eravamo costretti a nascondere. Sono rimasta senza tuo nonno per cinque lunghissimi anni, senza sapere nulla di lui, che nel frattempo è stato fatto prigioniero ed ha vissuto quasi come schiavo al servizio dei tedeschi: ormai ci consideravano traditori ed inferiori a loro. Finalmente all’arrivo

degli americani, nonno è tornato a casa e ciò che ha trovato è un paese impoverito, triste a causa della paura e dei numerosi morti causati dalla maledetta guerra, tra i quali anche uno dei suoi fratelli”. Non riuscirò e non potrò mai capire cosa ha provato mia nonna e tutti quelli che hanno vissuto questi grandi conflitti, eppure sono bastate poche semplici frasi di una vecchia signora di paese per lasciarmi così pensieroso. “Dopo la guerra –proseguiva nonna Edilia– piano piano abbiamo ripreso una vita normale. Sono nati tre figli tra cui tua nonna; io e nonno, con la crescita della famiglia, abbiamo pensato di costruire, solo con le nostre mani, dalle fondamenta fino all’ultima tegola, una casa nuova mentre la masseria vecchia è stata utilizzata, fino a poco tempo fa, come stalla e come pollaio”. Ecco riaccendersi nella mia memoria uno dei ricordi più belli che mi rimangono, quando da piccolo andavo a trovare la nonna: lei che mi accompagnava dalle galline per raccogliere le uova calde appena deposte.
“Anche la vecchia casa, caro Valerio, era stata costruita da nonno, pietra dopo pietra, scolpita una ad una con martello e scalpello… Lo sai, era la passione di nonno, si divertiva a fare il muratore, più che il contadino… tanto che spesso veniva chiamato dalle famiglie proprio per costruire qualsiasi cosa. Gli anni poi sono passati in fretta e così i figli, compresa nonna Lina, hanno pensato di trasferirsi a Roma, come tanti italiani, in cerca di una vita meno dura, ma noi – nonna Edilia e nonno Michele – gli siamo sempre stati vicini mandando con il corriere ogni settimana tutti i prodotti della nostra terra e dei nostri animali”.
Nonna Edilia piange sempre quando ricorda i cari che non ci sono più, per il figlio che ha perso da giovane e si commuove quando ricorda la dura vita passata i cui segni sono portati ben evidenti sulle sue mani deformate e consumate dall’utilizzo degli attrezzi, dal sole, dal gelo e dal fuoco che le ha permesso tutti i giorni di scaldarsi e cucinare…
Per un attimo torniamo a quell’iniziale sguardo profondo, vorrebbe raccontare ancora molto del suo vissuto, poi, stanca, accende la TV mentre vede me e i miei cugini fissare lo schermo del cellulare e il cane che riposa su una calda cuccia lì vicino, quando lei, abituata agli animali che non dovevano avvicinarsi alla porta di casa, mi fa capire quanto sia cambiato il mondo in poco meno di un secolo, dalle bestie di Nonna Edilia alle comodità che hanno semplificato il nostro quotidiano, dalla pastorizia all’intelligenza artificiale, dalle solitarie e tranquille giornate nel paesello al Web che invade ogni secondo della nostra vita. Hai ragione nonna, riposa un pochino ora.