Fair play nello sport

di E.G.

Il termine assume particolare rilevanza in ambito sportivo, indicando un’attitudine tesa a comportamenti leali e rispettosi tra gli avversari, anche da parte di tifosi. Ricade sotto tale definizione anche la prevenzione di atti quali violenza e discriminazione razziale. L’aspetto etico si rivolge non soltanto alle figure agonistiche in sé (come gli atleti) ma anche a quelle esterne, tra cui ad esempio i tifosi. Tuttavia il concetto di fair play non si esaurisce nel semplice rispetto delle regole. Esso, infatti, promuove valori, tanto importanti nella vita quanto nello sport, come l’amicizia, il rispetto del prossimo e lo spirito di gruppo.

Fair play: cosa insegna?

Il fair play insegna, in una società in cui il fine giustifica spesso il mezzo, a saper perdere e a considerare anche la sconfitta un insegnamento prezioso per la crescita “umana” e agonistica della persona. Il Fair Play si batte contro l’inganno, la violenza fisica e verbale, lo sfruttamento, l’eccessiva commercializzazione e la corruzione. Lo sport praticato con fair play offre agli individui l’opportunità di conoscere meglio se stessi; di fissare e di raggiungere, attraverso la perseveranza e il sacrificio, gli obiettivi prefissati; di ottenere successi personali; di acquisire e migliorare le proprie capacità tecniche e dimostrare abilità; di interagire socialmente, divertirsi e raggiungere un buono stato di salute. Ricordiamo come gli atleti, in particolare quelli che praticano l’attività sportiva ai più alti livelli, rappresentino per molti giovani dei modelli di riferimento e hanno dunque una grande responsabilità nei loro confronti. Loro per primi devono fornire sani modelli comportamentali e metterli in pratica durante lo svolgimento dell’attività sportiva.

Luz Long

Ai Giochi olimpici di Berlino nel 1936, voluti da Hitler per dimostrare la supremazia della razza ariana, Luz Long  sfidò Jesse Owens, atleta statunitense, nel salto in lungo. Quest’ultimo aveva già fallito due salti e rischiava l’eliminazione. Il tedesco andò invece dall’avversario e gli suggerì di anticipare lo stacco. Confortato dalla lealtà di Long, diventato inaspettatamente un nuovo amico, lo statunitense ritrovò il giusto equilibrio psicologico e, seguendo il suggerimento, riuscì a eseguire correttamente la prova e a conquistare il suo quarto alloro olimpico, grazie all’ultimo salto di 8,06 metri con il quale aveva superato Long, fermo a 7,87 metri. L’atleta tedesco corse subito da Owens per congratularsi, abbracciandolo amichevolmente. Questo fantastico gesto divenne l’icona immortale di quelle olimpiadi e della fratellanza tra i popoli.

Pietro Mennea, la freccia del Sud

Nel film “Pietro Mennea, la freccia del Sud” abbiamo un chiaro esempio di fair play. Questo possiamo vederlo in più momenti: uno quando il velocista sovietico Valerij Borzov si congratula della vittoria di Mennea in Coppa Europa, un altro quando è Mennea a congratularsi con Borzov. In un altro momento abbiamo Borzov, che a causa di un infortunio è costretto ad abbandonare le gare, presentarsi comunque tra i tifosi per dare sostegno a Mennea, alle Olimpiadi di Mosca. Tra i due nacque una vera e propria amicizia,  basata sul rispetto reciproco e sulla lealtà. Nel film possiamo anche vedere l’esempio opposto di fair play. Durante una corsa infatti un ragazzo spinge Mennea dimostrando di non avere alcun rispetto e lealtà.

E.G.

https://www.gazzetta.it/Olimpiadi/2016/16-08-2016/nikki-samaritana-aiuta-abbey-finire-entrambe-finale-160791064362.shtml